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Aggiornamento Meisino parte I

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Ieri, martedì 18 aprile, si è tenuto il primo incontro pubblico in cui si è discusso del progetto che sorgerà all’interno del Parco del Meisino.

Per sgombrare il campo da ogni equivoco, il cosiddetto “Parco dello sport e dell’educazione ambientale” nascerà in ogni caso – questo punto non è in discussione – grazie a un finanziamento proveniente dal PNRR di 11,5 milioni di Euro ed erogato attraverso il Ministero dello Sport.

Vi allego di seguito un corposo e preciso estratto del resoconto scritto da Paolo Tex Tessarin per il blog Sistema Torino.

<<[…] La relazione da parte degli Assessori Tresso (Ambiente) e Carretta (Sport) e dal Presidente di Circoscrizione Deri, con relativa descrizione precisa del piano da parte dei tecnici, non ha particolarmente stupito, e potrebbe essere riassunta con le parole-chiave che fanno da refrain della comunicazione politica pubblica: “degrado e abbandono” all’ex galoppatoio, inclusione sociale, bene comune, partecipazione e co-progettazione, consumo zero di suolo.

E bisogna dare atto che non vi sarà cementificazione, non sarà costruito nessun parcheggio e verranno utilizzate strutture rimovibili per la messa a terra delle strutture sportive, con la “scelta precisa di coniugare sport e verde” (Cit. Tresso)>>.

Le contestazioni ad una decisione già presa sono arrivate da diverse parti presenti all’incontro. Una cosa è certa: il PD ha ricevuto una lezione di democrazia  sia da parte del Comitato “Salviamo il Meisino” che dai semplici cittadini frequentatori del parco (come il sottoscritto).

Gli interventi possono essere riassunti dal pensiero espresso da Emilio Soave (storico rappresentante di Pro Natura) e da Piergiorgio Tenani (Consulta comunale per il verde, organo consultivo delle associazioni ambientali): “come fate a parlare di partecipazione, se è da un anno che non ascoltate nessuna nostra critica costruttiva?”

Continua a questo proposito Paolo Tex: <<[…] Non possono bastare le due commissioni consiliari citate dagli Assessori, se in fase di redazione del progetto nessuno è stato ascoltato, o meglio nessuna istanza è stata accolta: e  non può bastare la giustificazione relativa ai tempi ristretti richiesti dai progetti inseriti nel PNRR.

Inoltre, molti degli obiettivi che dovrebbero fungere da “base ideologica” del progetto sono già realizzati dalle associazioni che ivi operano: attività didattica, educazione ambientale (anche con i cavalli) e attenzione alla possibilità di accesso per tutti sono già presenti nel parco, da tantissimi anni.

E allora per cosa si rende davvero necessario questo “intervento umano” su un’area così particolare da essere protetta da direttiva europea? Per praticare sport come Pump track, arrampicata sportiva e ciclocross? Sono davvero attività ad alta inclusione sociale e per tutti e tutte?

Nessuno nega la necessità di intervento sulle aree umide, sulla salvaguardia degli alberi (quanti saranno abbattuti/manutenuti/compensati?), e finanche è sostenuta dai critici la necessità del restauro dell’ex galoppatoio ad oggi abbandonato a sé stesso: ma è necessario aggiungerci un punto ristoro, una parete di arrampicata e altre strutture considerate invasive?

Avete per esempio considerato, citando un intervento molto tecnico (per i dettagli naturalistici della confutazione del progetto rimandiamo alle associazioni esperte a riguardo), che “il carico di presenza umana può creare gravi problemi all’area”, considerando i record negativi ambientali della città di Torino?

Su questo Tresso, molto disponibile al confronto e al rispondere nel dettaglio a ogni domanda, ha assicurato una massima attenzione prendendo in considerazione gli appunti dell’organo di governo delle aree protette, ma basterà? E soprattutto basta citare l’arrivo della Ven-To (la ciclovia Venezia-Torino) e il rischio di area esondabile per mettere in piedi 11 milioni di investimento? Davvero non esistevano altre vie?

L’elefante nella stanza sembra essere che servivano soldi per costruire la sopraelevata su Corso Luigi Sturzo, per unire le due sezioni del parco, e per ristrutturare l’ex Galoppatoio e si sia raffazzonato un progetto che giustificasse (e finanziasse) questi interventi principali […].>>

Parlando invece del sottotraccia della politica, vale a dire quel certo non so che di uccello padulo, è stato segnalato il rischio che i progetti che nascono pubblici, col passare degli anni, si trovino ad avere bisogno dell’intervento del privato.

E allora:

-Chi gestirà quell’area?

-Chi garantirà l’afflusso di denaro necessario alla manutenzione delle strutture?

Senza questi tasselli, guardando alla recente storia della città, non è affatto inverosimile immaginare una futura partnership pubblico-privato in cui sarà la logica del profitto a giovarsi dei soldi europei, finendo con il prevalere sulla retorica del bene comune.

Venendo a concludere, possiamo dire che le parti non si sono mosse dalle proprie posizioni. Intanto, come ricordavamo all’inizio, il progetto non è messa in dubbio la realizzazione del progetto. I relatori hanno parlato semmai di “co-progettazione” a partire da oggi.

In realtà, se si volesse praticare davvero la partecipazione in tutte le fasi di un progetto, scopriamo che la formula del “dibattito pubblico” esiste davvero: in Italia è stata introdotta da un DPCM nel 2018 in relazione alla “disciplina dei criteri per l’individuazione delle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, sulle città e sull’assetto del territorio”.

Gli strumenti paiono esistere, un po’ meno la volontà politica di attuarli. Quel che è sempre certo invece è che qualcuno ci farà su il suo bel profitto.

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Esimio "signor nessuno", anarcoinsurrezionalista del tastierino, Scienze politiche all'Università, ottico optometrista per campare. Se proprio devo riconoscermi in qualcuno, scelgo De André. Ciclista da sempre, mi piacciono le strade in salita. Ci si vede in cima.
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