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Europa e pandemia: quale futuro? Intervista a Luca Jahier.

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Ittica: le candidature a sindaco per Torino vedono in lizza, in qualità di “civico” per il centrosinistra, Luca Jahier. Nessuna tessera di partito, ma una forte vocazione europeista, confermata recentemente dalla presidenza del Comitato economico e sociale europeo. Da giornalista, politologo nel campo internazionale, esperto di associazionismo, di promozione sociale e di terzo settore, come valuta la risposta dell’Europa alla pandemia?

Jahier: la risposta alla pandemia da parte dell’Europa è stata la più impressionante della nostra storia comune, per dimensioni, per sospensione di regole considerate fino a poco prima intoccabili (come il Patto di stabilità e gli aiuti di Stato), per tempi di adozione delle misure e degli interventi, per coesione e determinazione di tutti gli Stati membri e le istituzioni comunitarie, per capacità di disegnare una rotta corposa per il futuro e di dotarla di mezzi e strumenti adeguati. In meno di quattro mesi l’Europa ha fatto di più che nei quattro anni successivi alla crisi del 2008: flessibilizzazione delle spesa di tutti i residui di bilancio 2014-2020; deroghe alla normativa aiuti di Stato per oltre 2300 miliardi di Euro, interventi della BCE per difendere le finanze degli Stati membri e mettere in sicurezza il sistema bancario europeo per quasi 2000 miliardi di Euro, tre pacchetti di emergenza (SURE, MES sanitario e Fondi BEI per le PMI) per 540 miliardi varati a Pasqua, e poi il nuovo  Quadro finanziario pluriennale 2020-2027 (1075 miliardi) completato dal NextGenerationEU (750 miliardi) e dal muovo strumento per Investimenti InvestEU (750 miliardi generati da un effetto leva di 40 miliardi di garanzie dell’Unione) Se si fa il conto, si superano i 7 trilioni di euro, cioè sette volte il tanto evocato Piano Marshall, che fu di poco meno di un trilione di Euro a valore attualizzato.

Ittica: NextGenerationEU è uno strumento di ripresa temporaneo da 750 miliardi di Euro che consentirà alla Commissione di ottenere fondi sul mercato dei capitali. Ci sembra di capire che tale strumento contribuirà a riparare i danni economici e sociali immediati causati dalla pandemia, per creare un’Europa del domani più verde, digitale e…Ci può delinare il quadro?

Jahier: si tratta certamente della leva più innovativa, sia per l’ammontare supplementare delle risorse rispetto al solito bilancio pluriannuale, sia per il fatto che per la prima volta (dopo SURE) si autorizzano le Istituzioni dell’UE ad emettere titoli di debito a lungo termine (l’antico dibattito sugli Eurobond da sempre osteggiato dai paesi nordici e centroeuropei), per la chiave  di ripartizione che premia gli Stati che hanno subito il maggiore impatto dalla crisi pandemica anche in forza delle condizioni di difficoltà economiche e strutturali pregresse, per l’effetto concreto di stimolo alle riforme strutturali (pubblica amministrazione, giustizia, certezza del quadro giuridico, dinamiche di competitività, ecc.) di cui il nostro paese ha bisogno fin dall’ingresso nell’Euro e che non è mai riuscito a realizzare, relegando di fatto la terza economia della zona Euro al fanalino di coda dell’Unione su tutti gli indicatori economici, del lavoro, sociali e della coesione.

E’ bene precisare tre cose: primo, la forte interconnessione tra i diversi strumenti del bilancio europeo, pur essendo il NGEU più concentrato sui primi 4 anni; secondo, il fatto che non si tratta di fondi per coprire i buchi o riparare i danni, quanto piuttosto di ricostruire il paese dopo la pandemia investendo sulle linee di futuro indicate per tutta Europa: rivoluzione green, digitale e intelligenza artificiale, ricerca e innovazione del nostro sistema industriale e della pubblica amministrazione, coesione sociale, salute e misure di accompagnamento delle transizioni (soprattutto per le imprese, per il lavoro, la formazione, etc,), infrastrutture e resilienza del territorio, maggiore integrazione del mercato unico per una più forte e rinnovata proiezione internazionale.

E terzo, il tutto accompagnato da una chiara e doppia condizione. La messa in opera di questo piano deve essere strettamente collegata a quella agenda delle riforme, che da tempo il nostro paese include nel proprio Piano nazionale di riforme, che trasmette ogni anno a fine aprile alla Commissione europea e poi disattende. E poi, che a parte un anticipo del 10% delle somme sulla base della solidità del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza, validato dalla CE e approvato dal Consiglio Europeo, il resto dei pagamenti avverrà solo sulla base del rispetto dei tempi di spesa e realizzazione, così come previsti dal piano.

Cioè, detta in parole povere, se faremo come al solito che si pianifica anche bene e poi non si spende bene o si accumulano ritardi enormi (gli esempi abbondano) il resto dei soldi non arriveranno.

Ittica: quali sono nello specifico le differenze tra NextGenerationEU e Recovery Fund? Come valuta il recente accordo in seno alla UE, l’ottimismo di Conte e le ricadute sul PIL italiano?

Jahier: il cosiddetto Recovery and Resilience Facility è lo strumento applicativo del NextGenerationEU, ma senza entrare nelle tecnicalità del complesso sistema, possiamo considerarli la stessa cosa e infatti i due termini sono considerati intercambiabili nella narrazione corrente. Il recente accordo in seno all’Unione europea, che ha superato il veto di Ungheria e Polonia che rischiava di far saltare l’intero impianto, è un buona notizia, anche se non sottovaluterei le permanenti questioni inerenti l’applicazione del vincolo del “Principio di legalità”, cioè del rispetto sostanziale dei valori fondanti dei nostri sistemi democratici europei, perché non si possono barattare i soldi con la democrazia e le sue istituzioni e libertà, altrimenti la storia ci insegna che finisce molto male….

L’ottimismo di Conte è più che motivato, sia perché le ricadute sul PIL italiano superano il 2% (se pensiamo ai livelli da prefisso telefonico della crescita dell’Italia degli ultimi anni….), sia perché per la prima volta il volume delle risorse che arrivano all’Italia è potenzialmente superiore a tre volte del contributo italiano al bilancio europeo e questo accade per la prima volta, essendo stato negli ultimi decenni il nostro paese di fatto un contributore netto, sia perché questo indica l’investimento di fiducia che fanno i nostri partner sul nostro paese, la cui ripresa è essenziale al futuro dell’Europa. Una fiducia che però non è un assegno in bianco, vista anche la consistenza dell’assegno.

Ittica: come giudica la narrazione sempre “contro” delle opposizioni nostrane? Non Le sembra che vi sia qualcosa di patologico  per la democrazia europea nel voler guardare sempre e ostinatamente nel proprio orticello?

Jahier: una dialettica anche aspra tra governo ed opposizione è parte del sistema sano di una democrazia, che però diventa patologico quando non riesce a realizzare l’unità sostanziale in momenti di grave crisi come quella attuale; quando abusa delle differenze per alimentare lo scontro istituzionale permanente anche tra i livelli dello Stato (Stato e Regioni per esempio) , quando si trova di fronte alla più imponente opportunità della sua storia (e anche del suo futuro) e non riesce a costruire un quadro di convergenza su ciò che dura e andrà oltre la legislatura, tra maggioranza e opposizione, con le Regioni, con gli stessi sindaci e le altre fondamentali articolazioni della società, che sono al più ascoltati in qualche passerella ma di fatto ignorati. Così non si alimenta solo la logica dell’orticello, ma anche dello scontro permanente  in cui ogni parte cerca di tutelare gli interessi che rappresenta e così non si riesce a rispondere agli imperativi del bene comune. Forse dovremmo guardare alle maggioranze larghe che governano oggi l’Europa o la stessa Germania.

Ittica: come valuta il richiamo alla “patrimoniale” fatto da alcune voci della sinistra in un momento in cui parlare di solidarietà è divenuto fondamentale? Non le sembra tuttavia che, senza una riforma della fiscalità italiana e soprattutto europea, queste prese di posizione, venendo lette come un’ennesima forma di gabella, rischino di essere controproducenti, con l’unico risultato di avvicinare il ceto medio alle sirene “flat tax” dei populisti? Ad esempio, quali sono secondo Lei i calcoli che hanno portato ad individuare in 18mld di € il recupero dovuto alla tassazione di case e patrimoni? Non sarebbe meglio parlare anche di riforma del catasto e imposta di successione?

Jahier: considero il dibattito sulla patrimoniale oggi semplicemente lunare, La proposta sbagliata nel momento sbagliato. Non si tratta di negare un fenomeno mondiale di aumentata concentrazione delle ricchezze nelle mani di pochi e nella perdita di reddito per molte fasce sociali, quando non di impoverimento per milioni di famiglie. Ma la proprietà delle priorità oggi non è aprire altri fronti, ma lavorare tutti per evitare una terza ondata pandemica devastante, e lavorare tutti insieme per fare ciò che va fatto per la sanità, la scuola, i trasporti e la preparazione dei programmi per spendere bene e presto la quantità di risorse senza precedenti, che possano creare ripresa, progresso e lavoro, e dunque nuovi proventi fiscali a beneficio di tutti. Messo in odo questo possiamo e dobbiamo riaprire il dossier di una più generale riforma fiscale, che sposti la tassazioni dal lavoro e dalle imprese alle rendite, spingendo ad investire in quelle linee di futuro chi ha mezzi e risparmi. E lottando contro le troppo estesa sacche di evasione e elusione fiscale, che sono la storia e irrisolta questione del paese. Intanto anche la stessa Europa conta di avanzare sul’ unione fiscale.

Ittica: come giudica l’intenzione del presidente Conte di affidare la gestione dei fondi ad una “cabina di regia” composta, oltre che da alcuni ministri strategici, anche da sei manager e da un numero non ben definito di tecnici? Ha fatto bene Italia Viva a mettersi di traverso? C’è un fondamento di verità nelle dichiarazioni della ministra Bellanova riguardo ad una “struttura parallela” che, anziché snellire l’iter di realizzazione dei progetti, andrebbe a sovrapporsi ai ministeri esistenti?

Jahier: anche qui non si può che restare basiti. Si sono fatti gli Stati Generali a fine giugno, il Piano Colao, un dibattito in Parlamento, un primo draft di piano a settembre e si arriva a fine novembre con un documento di piano comunicato poche ora prima dell’approvazione ai membri del Governo e in cui non sono non si capisce chi abbia stabilito la ripartizione delle priorità, ma nelle 125 pagine si trovano ancora tante e generiche narrazioni, mentre si dovrebbero avere quadri e roadmap molto più articolati e precisi e che suscitino un convergente e informato consenso non solo delle forze politiche, ma dei livelli regionali e locali e delle diverse forze sociali che saranno i veri protagonisti del successo del piano.  Ho dato una scorsa ai Piani francese e spagnolo, che avranno molte meno risorse di noi e già a metà novembre avevano un impianto e un dettaglio distante anni luce dal nostro. Insomma si stabilisca la “regia politica”, come chiede l’Europa e poi si definiranno anche le modalità per realizzare il piano, sia rafforzando e mettendo mano finalmente alle strutture dell’amministrazione pubblica, sia anche avvalendosi di specifiche e ben definite strutture tecniche, che consentano di monitorare, correggere, rendicontare, sussidiare ove necessario, per stare nei tempi stabiliti. Qui mi sembra che si sia invertito l’ordine dei fattori….

Ittica: tirando le somme, Le chiediamo se è ottimista riguardo alla “resilienza” dell’Europa e se la pandemia ha contribuito in qualche modo, seppur drammatico, a farci interiorizzare l’idea che “se ne esce tutti o non ne esce nessuno”?

Jahier: le premesse di cui sopra mi fanno essere ottimista, come non mai. L’Europa oggi ha posto le basi molto concrete del suo Rinascimento e si è dotata ti una strategia seria e di mezzi per farlo. Certo se ora tutto si sfracella o si snatura nelle primarie responsabilità di ogni singolo paese nel realizzare e spendere bene e in fretta….. Allora sarà il disastro. Sapendo bene che, in Italia ancor più che in altri paese, un ruolo di assoluta rilevanza lo svolgeranno soprattutto le autonomie locali e il territorio, che da sempre sono più agili e più capaci di innovare e correre. Se davvero sostenuti. Non tutti in verità, se guardo alle analisi drammatiche che concernono Torino e la più grande area metropolitane del paese e tutt’ora suo cuore manifatturiero. Ma voglio sperare che anche Torino sappia fare di questo la sua grande opportunità di “RinascimenTO”, dando fiato a nuove convergenze e ad una classe dirigente che voglia davvero osare il futuro e non rintanarsi ancora nel XX° secolo.

 

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Esimio "signor nessuno", anarcoinsurrezionalista del tastierino, Scienze politiche all'Università, ottico optometrista per campare. Se proprio devo riconoscermi in qualcuno, scelgo De André. Ciclista da sempre, mi piacciono le strade in salita. Ci si vede in cima.
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