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“Parte da A noi” (semicit.)

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L’intervento di Meloni al congresso della CGIL è stato un capolavoro di restaurazione neoliberista con in cima la ciliegina della reazionaria malcelata: “Non si abolisce la povertà né si aumentano i salari per decreto. La ricchezza la creano le aziende e lo Stato deve solo regolare”. Ipsa dixit.

In breve il pensiero di questo governo è che ridurre le tasse alle imprese e attenuare la stretta sull’evasione garantirà la ripresa economica e quindi anche la risoluzione della questione sociale. Più chiaro di così!

Chi ha legittimato Meloni&co. con il proprio voto,pensando fosse una destra sociale, se ha un minimo di segnale attivo connesso al suo cervellino destrorso, dovrà ora ricredersi e rassegnarsi insieme a noi veteroqualchecosa che saremo pure noiosi etero cisgender, ma è dall’inizio dei tempi che non abbocchiamo all’amo dei pescatori post fascisti.

La ricetta enunciata con muliebre orgoglio da Meloni produrrà, per mancanza di risorse pubbliche dovuta ai minori introiti, un ulteriore impoverimento della Sanità e della Scuola, i due pilastri dello Stato Sociale. Verranno pertanto a mancare, ancor più di oggi (grazie sinistra di destra!), le tutele nei confronti delle fasce più deboli del Paese mentre, contestualmente, saranno poste in atto ulteriori deregolamentazioni del mercato del lavoro.

I nipotini di zio Benny non sono nuovi a certe parabole.

Il fascismo, giunto al potere grazie a latifondisti e industriali che temevano l’aggregazione fatale tra proletariato agricolo e urbano, rinunciò subito al programma sociale per tutelare i ceti dominanti e il grande capitale, in continuità con la precedente politica liberale. Toh guarda, l’agenda Draghi!

La differenza, tra ora e allora, pare stia nel fatto che la destra post fascista si muove forte di un indubbio consenso elettorale e, almeno per il momento, all’ interno dell’alveo democratico (anche se il decreto antirave era un chiaro esempio di eterogenesi dei fini).

La mossa vincente, ammesso che un coacervo di egoismi possa tenere a lungo, è stata quella di costruire una coalizione numericamente vincente, caricando sul carrozzone elettorale le spinte più retrive e binarie della Lega basic targata Girasagre (che quella “economica” di Giorgetti è impegnata a mettere gli artigli sul PNRR) e le ormai quarantennali istanze ad personam di un noto ottuagenario eternamente prescritto.

Dal retaggio culturale del fascismo si attinge spargendo secchiate di retorica sovranista fatta di ossessione per la Patria e della non ben specificata “difesa dell’Italia e dei suoi interessi”. Inoltre per i fallocefali binari c’è già bell’e pronto l’armamentario retorico del “fascio minore”, vale a dire lo starter pack diritti civili, migranti, famiglia e orientamento sessuale.

Non sono arrivati per caso.

Gli Anastasio, i Bignami, i Donzelli e le Montaruli forse sono il meglio che Meloni ha sotto mano (tesa) al momento, ma il casting è sempre aperto. Al netto dei miei effimeri graffi sarcastici qua sopra, sono convinto che dietro questi personaggi vi sia un minimo di progettualità politica pensata per dare al Paese una nuova rotta in termini di egemonia politica e culturale. Non è un caso se ad Atreju, una Meloni che  già annusava aria di vittoria, invitava il meno furbo dei due Letta a parlare di presidenzialismo.

E niente, siamo la brutta copia della Grecia per l’economia e dell’Ungheria per la politica.

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Esimio "signor nessuno", anarcoinsurrezionalista del tastierino, Scienze politiche all'Università, ottico optometrista per campare. Se proprio devo riconoscermi in qualcuno, scelgo De André. Ciclista da sempre, mi piacciono le strade in salita. Ci si vede in cima.
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