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Tra pergolato e banlieue: due chiacchiere sulla città con Tony Ledda

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Antonio “Tony” Ledda è il Segretario del circolo 6 di Barriera di Milano del Partito Democratico.
Dal 2011 al 2016 è stato Coordinatore alla commissione Sport e nel successivo mandato, dal 2016 al 2021, Coordinatore della I Commissione Commercio-Attività produttive- Bilancio e Patrimonio.

Tony  è anche un amico “di Barriera” al quale abbiamo fatto qualche domanda sul presente e sul futuro della nostra città in vista delle elezioni comunali.

                                                                                                                                                                                                                                                In tempi di elezioni i candidati sindaco espressi dalle varie coalizioni non sembrano suscitare un particolare interesse tra i torinesi. È più che altro un “darsele” sui social tra militanti di opposti schieramenti, tutti presi a rinfacciarsi colpe di amministrazioni passate e presenti. In mezzo una città stanca, in bilico tra ripartenze che non si vedono e tanta retorica, soprattutto sulle periferie e sul settore dell’auto. Come ti collochi rispetto alle difficoltà del centrosx nel trovare una narrazione convincente al di fuori dei confini rassicuranti delle 3C, Centro/Crocetta/Crimea?

Sono d’accordo sul fatto che la retorica sulle periferie sia stata saccheggiata in lungo e in largo, spesso strumentalmente, soprattutto da alcune formazioni politiche che hanno più interesse a dipingerle in maniera negativa.

D’altronde le stesse ci costruiscono importanti carriere politiche in certi collegi elettorali con un unico argomento legato al degrado e all’insicurezza vissuta e percepita, a cui noi dobbiamo comunque dare delle risposte.
Le nostre periferie non sono certamente le banlieue parigine, ma la destabilizzazione creata dal declino economico del nostro vecchio modello industriale ha colpito maggiormente i cittadini di queste zone che fanno più fatica ad andare avanti e ad assorbire quindi in maniera più fisiologica i fenomeni migratori, per i quali comunque non si percepisce un gestione lucida e definitiva da parte dei diversi governi a diversi livelli istituzionali, nell’interesse di tutti.
A questi disagi aggiungiamo che la classe dirigente di tutti i maggiori partiti si forma sempre più spesso lontano dai luoghi periferici con le conseguenti distanze nell’attuare provvedimenti e nel legiferare in maniera puntuale e competente.
Chi ci vive sa bene ad esempio che la distanza dei servizi pubblici essenziali e la loro inefficienza, rendono la qualità della vita dei cittadini distante dagli standard .
Sono anni che le statistiche fotografano una durata della vita media minore di questi abitanti proporzionata alla distanza dalle zone più auliche della città.
Mi pare un dato emblematico oltre che inaccettabile.
Se i territori non li vivi potrai darne solo una lettura accademica, senza il necessario pathos per impegnarsi veramente a migliorare le cose, guardando non solo al minimo indispensabile, ma sognando la bellezza e l’eccellenza per il vivere quotidiano. Ecco, io per il mio territorio ambisco al bello in tutte le forme urbane declinabili. Una base di partenza apparentemente banale ma filosoficamente rivoluzionaria su larga scala, se applicata in ogni intervento che si immagina.

La difficoltà a raccontarsi “dal basso” si potrebbe intravedere anche nelle cene di finanziamento da 200€ (cena inclusa) a Villa Sassi . È quello nostro il solito pregiudizio da poveri o la politica oggi si fa coinvolgendo le “aristocrazie” cittadine prima ancora dei quartieri ex operai?

Posso urlare tutto il mio sdegno per la operazione più scellerata prodotta negli ultimi decenni ai danni della democrazia?
L’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti ha significato questo e ci dobbiamo prendere le nostre responsabilità, ancor più noi come partito di sinistra, che non abbiamo avuto la forza e la risolutezza per arginare le velenose spinte populiste di quest’epoca che tra tanti danni ha prodotto anche questo.
A causa dei diversi abusi perpetrati negli anni con i soldi (sacrosanti) che arrivavano ai partiti per fare attività politica, il nostro paese ha agito in maniera schizofrenica, come spesso gli accade, buttando via il bambino con l’acqua sporca.
Il risultato è quello di dover andare a cercare (per la dignità che deve avere una organizzazione politica mi verrebbe da scrivere “elemosinare”) risorse economiche dove si può, nella difficoltà di contrastare mediaticamente soggetti che si affacciano periodicamente sulla scena politica, dotati di importanti patrimoni personali.
Detto che il coinvolgimento trasversale di tutti i ceti e le forze sociali, nell’obiettivo comune di costruire una società in equilibrio, non è solo necessario ma doveroso, da mesi il candidato sindaco del cdx sta inondando la città di manifesti grazie al suo denaro, mentre siamo ancora alle prese con le incombenze economiche. La cena di Villa Sassi è una delle tante che faremo in cui si cerca di raccogliere subito cifre importanti.


La Circoscrizione 6 è sempre stata crogiuolo di militanza politica a sinistra. Da politico con forti radici sul territorio puoi dire che oggi sia ancora così e, soprattutto, come si può fare ad attrarre i giovani verso l’attivismo politico che non sia solo quello rivolto alle tematiche ambientali e pro diritti civili?


Un’altra seria questione che rilevo particolarmente negli ultimi anni tra i nostri concittadini e ancora di più tra i ragazzi, riguarda l’impressionante arretramento culturale e il conseguente allontanamento dalla politica, accentuatosi nell’ultimo decennio.
Io non mi preoccupo tanto che un giovane voti o meno a sinistra, sono prima di tutto preoccupato che un giovane sia interessato alla politica, che vada a votare con passione sapendo di determinare il proprio futuro e contribuendo al contempo a iniettare dosi di qualità e freschezza propositiva alle relative rappresentanze.
Il loro interesse e la loro partecipazione è determinante per far maturare il livello di confronto politico che oggi si attesta su livelli modesti e svecchiarlo da concetti ideologici troppo spesso rivolti al passato, a volte in maniera preoccupante.
I contrappesi nella democrazia sono il carburante propulsivo necessario per perseguire l’equilibrio delle società complesse come le nostre, che io paragono appunto a una bicicletta: se non si pedala si cade.
La scuola in tutto questo è naturalmente fondamentale per formare nuovi cittadini consapevoli e va maggiormente supportata per educare ai valori di civile e democratica convivenza.

Il Partito Democratico intanto cerca di contribuire portandoli al voto per coinvolgerli e responsabilizzarli il prima possibile. In questa direzione va la proposta del nostro segretario Letta per concedere il voto ai sedicenni in alcune circostanze elettorali. 

Noi dobbiamo continuare a essere soprattutto il partito dei diritti e della pari opportunità, con tutto il senso e le ricadute positive per ogni settore della nostra democrazia.
I giovani, se informati, prima o poi ci arrivano a capirlo; é necessario dar loro fiducia, insieme alla speranza.

Fatto questo, la preoccupazione per chi o per cosa voteranno, sarà a mio parere ridimensionabile rispetto a oggi.


Le disuguaglianze economiche in un modello di sviluppo centrato sull’utile per pochi e sulla mortificazione crescente del lavoro  sono divenute effetti collaterali accettabili o continuano ad essere fenomeni sociali da contrastare in qualche modo? Come mai a sx pare che di questi tempi si parli poco di “strutture” e molto invece di “sovrastrutture”? Sono i tempi ad essere cambiati o sono cambiate le risposte?

 Negli anni della tumultuosa crescita economica delle più importanti democrazie, dei nuovi stati emergenti e del contemporaneo e inarrestabile declino del nostro sistema economico produttivo, con il progressivo sgretolamento di pezzi di industria sempre più orientati a dislocare verso est, abbiamo creduto che il sistema liberista fosse la formula più corretta da applicare per la risoluzione dei nostri problemi.
Ovviamente si è rivelata una scelta troppo facile e per questo molto fallace.
Noi abbiamo una cultura diversa , che non può essere interpretata e fatta evolvere solo con i codici della competitività.

Il laissez faire guidato dagli interessi speculativi crea condizioni che contrastano con la nostra cultura umanista, che invece dobbiamo difendere, insieme a tutte le nostre caratteristiche, apprezzate ed esportabili nell’epoca che si sta caratterizzando per la  “transizione energetica”, ma che, io credo, sarà anche fortemente culturale.
No a passi indietro agli anni dell’assistenzialismo, neanche più lontanamente immaginabile e sostenibile, ma lo Stato deve tornare a essere centrale nel costruire, indicare e progettare la società intorno alle persone, reinventando un welfare forte e adeguato alle nuove realtà sociali e lavorative, con una visione culturale più umana; l’unica in grado di consentirci una crescita sostenibile.


Quali progetti ha la coalizione di centrosx per abbassare il livello delle tensioni sociali in una città che in autunno dovrà prepararsi a scontare gli effetti di rebound economico della pandemia. C’è qualche messaggio di spessore oltre al refrain “battere le destre”?  Quali potrebbero essere i settori trainanti della Torino dei prossimi dieci anni?


I decenni in cui Torino è stata la guida produttiva del paese hanno prodotto un patrimonio tecnologico, scientifico e anche economico impressionanti per la nostra città, talmente profondi che nonostante la nostra indolenza continua a produrre eccellenze. Da questo punto di vista non possiamo continuare a stracciarci le vesti per le graduali e inesorabili dismissioni di Fiat, ma, come si dice nel caso di un caro estinto, dobbiamo essere contenti di averla avuta e raccogliere tutto lo straordinario diffuso know-how che ci ha lasciato e che da tempo tenta di librarsi e vivere di vita propria. Dobbiamo prendere coraggiosamente il largo.

Durante il primo lockdown ho immediatamente realizzato che insieme al dramma che ci stava investendo e di cui purtroppo non abbiamo ancora la certezza di esserci liberati, il Covid avesse portato con sé la scossa necessaria per attivare il tanto agognato cambiamento, essenziale soprattutto per il nostro paese.

La ricerca e le nostre importanti università, a cui pare se ne affiancheranno altre, saranno interessate da ingenti investimenti che dovremo saper cogliere, in grado di attivare forti economie per il nostro territorio. Da questo punto di vista il progetto nato anni fa di costituire una città universitaria adesso dovrà riprendere  vigore, costruendo nuove e accoglienti strutture ricettive per gli studenti, che insieme al patrimonio artistico culturale di Torino, possono diventare un altro vero  punto di forza per la ripartenza, trainando importanti settori lavorativi come il commercio e il terziario, che nella nostra città offrono una riposta occupazionale sempre più rilevante.


L’ultima mossa del candidato sindaco Lo Russo è quella di affidarsi ai “saggi”. Stando a quanto scriveva Il Corriere qualche giorno fa, saranno 200 i partecipanti scelti tra economisti, sociologi, imprenditori, sindacalisti, manager culturali e pianificatori urbani. I temi principali: scuola, lavoro e cultura.  Questa cosa delle “competenze”, ancorché odori un po’ di elitismo, sarebbe una cosa buona e forse anche giusta, se solo i “generali” non avessero sempre un’aria così marziale. Tu come la vedi?


Come dicevo prima, tutta la formazione culturale di cui abbiamo usufruito negli anni passati, grazie a uomini temprati dalle vicissitudini del ‘900 e capaci di elaborare i processi complessi, è stata depauperata, smarrita, svilita.

Anche a me è capitato spesso di provare fastidio per certi intellettuali che mi sono sempre sembrati degli alieni rispetto alle concrete istanze terrene. Tuttavia oggi dico: ben vengano perché c’è bisogno come il pane di teste pensanti. 

Stefano è un giovane professore, ma anche uomo molto concreto. Si mescola spesso e bene con tutto lo spaccato della nostra società, e muovendosi tra le linee saprà fare sintesi.

A volte i Generali servono, soprattutto quelli utili a evitare le guerre.


Dopo le primarie caratterizzate da una partecipazione bassissima in cui Lo Russo ha pure rischiato di farsi sorpassare dal “civico” Tresso, pensi che sia stata trovata una quadra all’interno della coalizione o ci sono ancora questioni non risolte e stracci che volano?

Da militante che dedica molto del proprio tempo al Partito Democratico, ho vissuto con sentimenti contrastanti queste primarie, diviso tra la necessità/volontà di coinvolgere i cittadini in un progetto comune e la preoccupazione di mettere in discussione tutto il lavoro svolto e il percorso costruito assieme ai compagni di partito in tanti anni, in un esercizio di generosità non abbastanza compreso e rispettato. Tuttavia resta il piacere di aver conosciuto dei compagni di viaggio interessanti e di averne ritrovati altri, in una esperienza che in alcuni casi lacera e in altri avvicina, ma più spesso può aiutare a identificarci nel raggiungimento di obiettivi comuni. 

Per questo sono convinto che la quadra verrà trovata se pur tra diverse e naturali difficoltà.

I cittadini invece non hanno provato alcuna ragione o sentimento motivante in tutto questo, facendo mancare la loro partecipazione, come poi in verità è avvenuto per altri successivi appuntamenti politici, ma sinceramente non mi sento di biasimarli considerando quello che stiamo  vivendo.

Se dovessi portare a votare un giovane di un quartiere popolare che si accinge a votare a ottobre per la prima volta, quali argomenti useresti per convincerlo a votare il centrosx?


Da questo punto di vista posso parlare della mia esperienza formatasi in territorio estremamente significativo come quello della Circoscrizione 6:

Centodiecimila abitanti, il 30% dei minori di tutta la città e il maggior numero di pensionati. Sono cioè presenti tutte le energie e le criticità di una società complessa come la nostra. 

Ci sono formazioni politiche che battono insistentemente su un unico tasto da anni e su quell’unico argomento ci fanno anche importanti carriere politiche, senza poi di fatto risolvere alcunché. Questa cosa ad un certo punto dovrebbe anche insospettire o per lo meno far riflettere gli elettori.

Poi ci siamo noi del Partito Democratico che sogniamo e lavoriamo, camminiamo, connettiamo i vari pezzi e costruiamo, fisicamente e socialmente, cucendo e rattoppando il tessuto comunitario che ha subito diverse lacerazioni, indebolendosi e cambiando forma.

Sogniamo un territorio moderno, accogliente, solidale e sicuro, lavorando sulla bellezza di cui abbiamo diritto e perché no, sull’arte, con i numerosi artisti che insistono in particolar modo sul quadrante di Barriera. Sogniamo un territorio che sia finalmente in grado di mettere in rilievo e sostenere tutte le variegate peculiarità lavorative e sociali che lo caratterizzano. Tra i vari numeri citati, sulla nostra circoscrizione è presente anche il più alto numero di imprese. Segnali inequivocabili di energie che vanno raccontate e convogliate nel migliore dei modi

Ed esattamente perseguendo questi sogni che siamo finalmente riusciti a concretizzare quello che è da tempo il nostro obiettivo principale , la realizzazione della linea metropolitana 2.

Un vero miracolo politico far partire l’infrastruttura da Torino nord e in particolare facendole attraversare Barriera di Milano, usufruendo della ferita aperta e ormai purulenta che è il trincerone di via Gottardo/Sempione. 

Grazie alla nostra caparbietà un po’ visionaria e un po’ utopica sono stati finalmente stanziati i fondi per la progettazione e la costruzione del lotto che va da Rebaudengo al Politecnico e i tecnici di InfraTo si sono potuti finalmente mettere al lavoro.

Riusciremo a connettere il nostro territorio con il resto della città in pochi minuti, attraverso un sistema trasportistico moderno ed ecologico che ci permetterà di far partire quella vera e fondamentale riqualificazione che attendiamo da anni, di cui beneficerà tutta la città. 

Se tutto andrà bene vedremo l’inizio  nel 2024. Da lì in poi saremo autorizzati a realizzare anche gli altri sogni per uno storico cambiamento che sarà esponenziale.

 La differenza che mettiamo sul tavolo a disposizione dei giovani elettori è questa: tra chi specula al ribasso e chi come noi lavora instancabilmente e con ottimismo per il futuro; un bel futuro.

 
Nell’ipotesi non del tutto inverosimile in cui si andrà al ballottaggio tra Damilano e Lo Russo, pensi che verrà valutata l’eventualità di un appoggio al candidato di centrosx da parte delle formazioni della sinistra radicale e dei 5* che si presentano al primo turno con candidati propri? O Damilano trarrà un indubbio vantaggio dalle eterne divisioni nel campo progressista?

L’aria è diversa da cinque anni fa e le condizioni elettorali a sinistra sono mutate. 

Credo che la città abbia sedimentato da tempo nel proprio dna, estremamente civico e attento, anche questa esperienza.

L’impulso di accordare la fiducia a formazioni politiche dal messaggio rivoluzionario, ma oggettivamente prive della necessaria esperienza amministrativa è stato appagato. 

Le amministrative del 2016 sono state elezioni dallo straordinario senso democratico che sicuramente lasceranno un segno nel bene e nel male, nel percorso di crescita e nella coscienza politica della nostra comunità cittadina.

Ora il quadro si è ricomposto, condensando in maniera più netta i diversi posizionamenti ideologici pur con alcune sfumature, ma chi sta veramente a sinistra ha ben chiaro questa volta l’avversario che ha di fronte e che la divisione non può portare vantaggio a nessuna delle componenti che si sono riconosciute nell’esperienza del Governo giallo rosso.

Senza contare che anche Damilano è alle prese con dinamiche interne tutt’altro che fluide.

 

 

 

 

 

 

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Esimio "signor nessuno", anarcoinsurrezionalista del tastierino, Scienze politiche all'Università, ottico optometrista per campare. Se proprio devo riconoscermi in qualcuno, scelgo De André. Ciclista da sempre, mi piacciono le strade in salita. Ci si vede in cima.
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